La famiglia è, in moltissimi
casi, una fonte di grande gioia. Eppure, non sono meno le situazioni poco
armoniche. Non solo nelle ‘saghe familiari’ che magari vanno avanti da
generazioni, ma anche in piccolo, nel proprio angolino domestico. Anche se le
situazioni sembrano abbastanza serene possono nascondere momenti bui, pesi sul
cuore, ombre dietro le luci e, a volte, una gran sensazione di caos.

Come ogni argomento di cui
parlo mi ci trovo in pieno con tutte le scarpe. Ho sempre desiderato avere una
famiglia. Ero una di quelle che da piccola giocava a mamma e figlia con i bambolotti.
Uno dei miei rarissimi giochi ‘a parvenza casalinga’, tutto il resto era avventura e
magia.

Però, quando ho avuto
davvero una famiglia mi sono accorta che… beh… era un po’ diverso rispetto a bambole e pentoline.

Vorrei parlarne. C’è bisogno che le persone ne parlino. Perché in molti si trovano in situazioni che
non sono quelle che avevano desiderato, immaginato. Ce ne sono di estreme, e oggi non parleremo di questo, ma di quelle in apparenza semplici, quelle in cui
sembra che vada tutto bene.

A chi mi rivolgo

È stato difficile identificare il target di questo mio piccolo spazio. Eppure sapevo che era fondamentale identificarlo.

Sicuramente mi rivolgo soprattutto alle donne. Non perché gli uomini non possono partecipare, anzi, sono i benvenuti e ognuno che capiterà qui sarà prezioso. Di solito però ho a che fare molto di più con le donne, conosco meglio il loro linguaggio, che ovviamente è anche il mio.

E non è da nascondere che quando si parla di famiglia (e di casa in senso stretto), le donne sembrano quelle più interessate, quelle più partecipi e presenti. Non cadiamo nello stereotipo però, non sto parlando della ‘casalinga’ ma del femminile che presiede la dimora. Principio che è presente anche nella parte maschile, ma questa è un’altra storia che sarà argomentata un’altra volta.

Un altro punto fondamentale è aver avviato un cammino
di consapevolezza
. L’etimologia della parola consapevolezza ci dice che deriva da cum-sapere, ossia sapere insieme.

Ma sapere insieme a chi?
Certamente non insieme ad altri. Sembra infatti un paradosso. È verità riconosciuta che la consapevolezza sia un processo molto intimo, un qualcosa di interiore, profondo. Una lenta ma ferma dissoluzione di tutte le proprie ombre e un orientamento e un raccoglimento gentile dei propri talenti.

Parti di noi si devono armonizzare con altre parte di noi (ed ecco che il plurale inizia ad affacciarsi) per potersi relazione con il mondo esterno, specchio del nostro mondo interiore.

Siamo quindi noi stessi che dobbiamo sapere insieme a noi. Forse è un po’ macchinoso, in realtà non è qualcosa che si può spiegare, si può solo farne esperienza.

Purtroppo, le persone che si stanno avviando verso un cammino di consapevolezza sono poche e sempre meno.
Lo so perché io ero una di loro. Mi sono sempre considerata un po’ fumentina, con tanti difetti, ma sostanzialmente una brava persona. Ma essere brave persone non c’entra nulla con la consapevolezza. Io non conoscevo nulla di me.
E anche quando pensavo di conoscermi…beh… non conoscevo proprio niente. Come adesso, del resto, l’unica cosa che so è di non sapere.

Il DUBBIO mi ha portato sul cammino di consapevolezza. Il DUBBIO scaturito dal fatto che qualcosa non tornava, che ci fosse altro. Che ci fosse qualcosa da sapere, molto nascosto. Mi dicevo di essere felice, ma non era vero.

Dunque, se sei una donna (o uomo con sensibilità all’argomento) e hai un consapevole dubbio che ci sia un cammino personale da intraprendere e, ovviamente, hai una famiglia, allora questo posto è proprio quello che fa per te.

Cosa si intende per famiglia?

Oggi si definisce famiglia perlopiù come insieme di persone legate da un rapporto di consanguineità. In realtà famiglia deriva dall’osco faama ossia casa. E i famigli, in latino, erano tutti gli umani che abitavano all’interno dell’unità abitativa (compresi i servitori).

Aggiungiamo oggi anche una componente emotiva e personale. Ovviamente non è che, per esempio, due studenti che abitano insieme si considerano una famiglia. Ma potrebbero anche esserlo, se entrano in gioco altri fattori. Insomma, lasciamo aperti i confini.

E, per molte persone, non si possono trascurare gli animali.

Famiglia, quindi, può essere  molto variopinta. E può esserci un legame di sangue o meno. Una coppia, un genitore e uno o più figli, amici conviventi. Possono esserci anziani, bambini, animali…

È un’entità, un insieme, un nucleo energetico. 

Ohana significa famiglia e famiglia vuol dire
che nessuno viene abbandonato o dimenticato.

– Dal film Lilo e Stitch –

ABBANDONIAMO L’IDEA DEL MULINO FELICE

Una nota pubblicità ci fa vedere
sempre famiglie felici, candide, perfette. Ma tutti noi sappiamo benissimo che questo è un ideale irraggiungibile. Anche se si è molto felici, molto candidi e ci si avvicina a una (pseudo?) perfezione, in realtà la situazione non è mai così stabile.

Oserei dire che NON C’È FAMIGLIA SENZA ESSERCI CAOS

Chaos, il disordine universale della materia. CHAOS è vuoto, spazio beante e aperto. Tutto è e tutto non è. Dal caos si genera il cosmo.

Il cosmo è l’immensità al di fuori di noi, e dentro di noi. E
anche la famiglia è un cosmo
.

E non c’è cosmo senza caos.

La famiglia, dunque, è un’entità viva, pulsante. In continuo disequilibrio, e così deve essere altrimenti come si potrebbe trovare l’equilibrio se prima non si è perso? Come
potrebbe esserci ordine senza esserci prima un disordine?

Il gioco di equilibrio è dunque necessario, fondamentale. Spesso però si ha un notevole sbilanciamento,
un drastico allontanamento verso l’asse centrale. E l’equilibrio non solo non si trova mai, ma sembra irraggiungibile. Liti, disagi, malesseri, disarmonia, 
frustrazioni. Insoddisfazioni subdole, nascoste. A volte difficilissime da vedere.

Qualcuno si ritrova in questo? Se sì, cosa fare, dunque?

PRIMO PASSO: IL PUNTO DELLA SITUAZIONE

La prima cosa da fare è prendere coscienza della situazione. Porsi qualche domanda, forzare il dubbio.

Vi propongo un piccolo esercizio: prendiamo un foglio e una penna. Al centro inserite la parola FAMIGLIA.

Iniziate qui una breve riflessione. Cosa intendo per famiglia?

Vi chiederei di pensare alla famiglia BASE. Non inserendo la famiglia d’origine, quella allargata. etc. Il piccolo nucleo centrale in cui viviamo, in cui accudiamo e siamo accuditi.

Ora disegniamo quattro frecce nelle quattro direzioni e poniamoci delle domande.

EST: com’è l’organizzazione della mia casa e degli impegni familiari? C’è organizzazione? Controllo? Forse c’è troppa rigidità? L’ambiente è pulito, ordinato? La burocrazia viene seguita senza fatica? Il cibo proposto è sano? E il carico tossico? Utilizzo per il corpo e per l’ambiente prodotti non dannosi?

SUD: com’è l’ambiente? Che colori e odori ci sono? Quanti oggetti e che tipo di mobili? La casa è piena? O ci sono spazi vuoti? E la situazione economica familiare com’è?

OVEST: come sono le relazioni interfamiliari? Che emozioni si provano? C’è dialogo? Momenti di relax o di divertimento insieme?

NORD: Esiste un dialogo costruttivo? Momenti di pianificazione insieme? Si ascolta l’altra persona? Quali sono le energie che si percepiscono entrando in casa? Com’è lo ‘spirito’ della famiglia?

Questo esercizio di auto-osservazione funziona se si è onesti con se stessi. L’insidia di raccontarsela è sempre in agguato, ma così non serve proprio a niente. Se va bene veramente ok, meglio. Avremo tutte risposte positive e sarà meraviglioso. Se c’è qualcosa che possiamo osservare per migliorare, meglio ancora.

Adesso scriviamo su un foglio la parola IO , aggiungiamo una freccia che va verso la parola FAMIGLIA. E ora osserviamo. Quali sono le emozioni che provo se penso a me rispetto alla famiglia? Ascoltiamo tutto ciò che viene, dalla mente, dal cuore, dal corpo. Ci sono sensazioni fisiche particolari? Parole chiave? Scriviamo tutto. È importante scrivere tutto. E inseriamo la data. Ci potrà tornare utile in un altro momento.

Ora scriviamo la parola FAMIGLIA, aggiungiamo una freccia che va verso la parola IO. E osserviamo di nuovo le nostre emozioni, le nostre sensazioni.
Sono le stesse di prima? O è cambiato qualcosa? Cosa provo se penso alla famiglia rispetto a me? Ricordiamo le quattro aree indicate in precedenza. Prendiamoci
tutto il tempo che ci vuole nella nostra auto-osservazione. E appuntiamo tutto su un quaderno o su un foglio.

Adesso uniamo quello che abbiamo fatto, andando a collocare le emozioni e quello che abbiamo riscontrato.

In quale area si vanno a posizione le nostre emozioni positive? E quelle negative? Qual è l’area e quali sono i punti di maggior caos?

Personalmente questo esercizio qualche anno fa avrebbe restituito un completo disastro. La situazione era alquanto caotica in ogni direzione. Ora è tutto migliorato, in modo notevole. Non c’è perfezione, non c’è ordine e nemmeno equilibrio. Ma si intravedono strade e direzioni. E passi ne sono stati fatti tanti e la serenità che c’è ora non è paragonabile a quella di qualche anno fa, che praticamente non esisteva.

Vi racconterò come ho fatto, un pezzetto per volta. In modo che chi vorrà, chi sentirà un richiamo potrà trarne ispirazione.

Se qualcuno vuole condividere questo esercizietto o altro come me,  qui trova i miei contatti.

E chiedete. Chiedere fa sempre bene.

Un abbraccio.

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